Collegiata dei Santi Andrea e Bartolomeo
Nel corso dei secoli

Storia di una comunità

Storia e Arte a S. Andrea

L'esterno di S. Andrea

L'interno di S. Andrea

Nel corso dei secoli

Il caso di S. Andrea ad Orvieto

I sotterranei di S. Andrea

Sacra Famiglia, tela di A. Franchi, fine XIX sec.

All’interno di un contesto così complesso numerosi sono gli interventi che si sono succeduti nei secoli determinando trasformazioni che hanno cancellato o fatto riemergere opere precedenti. Se degli affreschi duecenteschi non vi sono resti, cancellati dai rifacimenti trecenteschi e cinquecenteschi, attraverso documenti d’archivio si può risalire alla presenza di numerose cappelle ed altari barocchi con ricchi arredi nelle navate laterali, costruiti nel corso del XVII e XVIII secolo e smantellati con i primi interventi di restauro di fine ottocento eseguiti secondo lo stile del quattordicesimo secolo. Questi interventi, attraverso la rimozione di una parte degli intonaci interni, permisero di riportare alla luce alcuni affreschi risalenti al XIV – XV e XVI secolo.

Nel 1889 si diede incarico all’ing. Zampi di progettare un nuovo altare sempre sullo stile del XIV secolo, che fu realizzato in terracotta da F. Biscarini e R. Angeletti, dipinto da V. Perali, e collocato nella parete di fondo nel braccio di sinistra della tribuna, per ospitarvi la statua della Madonna di Lourdes proveniente dall’Esposizione Vaticana del 1888, ancora oggi presente ed esposta nella chiesa ma in un’altra collocazione. L’altare è stato rimosso con i restauri degli anni sessanta e le macerie, alla data di pubblicazione, si trovano depositate nei sotterranei dell’Oratorio della Misericordia.
Nel corso dei lavori, lo Zampi rinvenne un occhio elegantissimo di stile lombardo, eseguito con la stessa tecnica di intaglio delle modanature presenti nell’Abbazia dei Santi Severo e Martirio, nel Palazzo del Popolo e del Vescovo.

Le scoperte diedero impulso ad un più consistente intervento di restauro, eseguito tra il 1926 ed il 1930 su progetto di G. Giovannoni, ed è in tale occasione che furono portate alla luce una parte delle strutture ipogee, con l’inizio della prima campagna di scavi, alla quale ne farà seguito una seconda alla fine degli anni ‘60 ad opera di M. Cagiano de Azevedo.

Vennero rimossi successivamente anche l’altare maggiore settecentesco, ai piedi del quale erano collocate le statue di S. Andrea e S. Bartolomeo andate perdute, ed una sontuosa cantoria lignea.

Un altro altare rimosso, in uno degli ultimi interventi di restauro, è quello che si trovava nel braccio di destra della tribuna, al centro del quale era collocato un dipinto su tela di A. Franchi, raffigurante la Sacra Famiglia e databile all’ultimo quarto del secolo XIX (attualmente l’opera si conserva in altro Elegante occhio di stile lombardo, eseguito con la stessa tecnica di intaglio delle modanature presenti nell’Abbazia dei Santi Severo e Martirio e nel Palazzo del Popololuogo). Anche le macerie di questo secondo altare rimosse sono localizzate nei sotterranei dell’Oratorio della Misericordia.

Approfondimenti
GUIDA STORICO-ARTISTICA DELLA CITTA' DI ORVIETO PER IL CONTE TOMMASO PICCOLOMINI ADAMI

Diverse guide sono state redatte sui monumenti e sulla città di Orvieto.
Ne citiamo una in particolare, in voga fino agli inizi del secolo scorso, riportandone un breve estratto con riferimenti di opere o arredi ormai non più presenti nella chiesa ma di cui restano tracce, come in questo caso, in documenti storici.

Sull’area di questa antichissima chiesa parrochiale, narrasi, sia stato il Foro ed il Tempio dedicato a Giunone Herbana. Ignorasi la sua fondazione, tuttavia interessanti sono le sue vetuste e gloriose ricordanze tramandateci dalla storia. Dedicata ai SS.Apostoli Andrea e Bartolomeo venne restaurata nel 977 da Papa Benedetto VII, che ne pose a mosaico il pavimento. Consacrata quindi da Benedetto VIII nel 1013, venne eretta a Collegiata con la dignità di Priore nell’anno 1300, come risulta da un libro della Cancelleria Vescovile Let., B, e subì ripetute riparazioni, e restauri.

[…]

Nel 1200 (n.d.r.) venne innalzato il campanile, che internamente conserva poche traccie della sua bella architettura con due ordini di loggiati, come il detto Pontefice fece dipingere tutta la chiesa delle storie del vecchio e nuovo testamento.

[…]

Per le mani dell’Em. Giacomo Savelli Card. di S. Maria in Cosmedin fu posto solennemente in detta chiesa il triregno a Martino IV, il 23 di Marzo 1281 in presenza dell’istesso Carlo Re di Napoli. Sotto Urbano VI (1387, e 1388) stretto orvieto da lungo assedio dai Malcorini contro i Beffati, e stremata dalla carestia d’ogni cosa, nonche dalla fame, e dalla peste, fu deliberato dal Generale Consiglio di portare processionalmente la Madonna di Santa Maria la sera innanzi la vigilia dell’Assunta alla Chiesa Collegiata di S.Andrea, ed ivi esporla alla pubblica venerazione, ed il giorno seguente, cioè la vigilia, ricondurla alla Chiesa Cattedrale, come seguì fra il pianto commovente, e le preci devote del popolo che ne invocò il miracoloso soccorso, onde l’avesse salvata da tanta calamità. Cotesto fatto, e consolante ricordo è restato a costatare sino ai giorni nostri la devota gratitudine monumentale di questa città verso la S. Vergine.
Nel 1487 s’inalzò la facciata della Chiesa da Vito di Marco di Siena, come dal contratto del 13 febbraio di detto anno (Arch. Not. Rog. Notaio Tommaso di Silvestro Prot. del 1485 al 1489. Cart. 134) che però non è più la presente. Nel suo principio dicesi che questa chiesa componevasi di cinque navatel, ridotte oggi a tre. Della maggiore stanno a sostegno le colonne di antico granito con capitelli d’ordine compoosito con arco a tutto sesto fino ai scaglioni. Nel presbiterio sopra i capitelli degli altri pilastri di sitle longobardo, hanno nascimento gli archi su i quali si poggiano a contrasto le volte di architettura romana, leggermente gotica. Ha un lunghezza di Metri 47.74; la crociera è larga Metri 22.95, e la larghezza totale delle tre prime navi, è di Metri 19.70. Essa si compone di 9 altari. Sul primo pilastro a destra vedesi l’antico pulpito, opera del X secolo, costruito a belli riquadri messi a mosaico, e sorretto da quattro modiglioni di pietra, nel suo interno si vedono due lastre di marmo di ornato bisantino adoperate per quella costruzione.
Un antico mosaico conservato nel pavimento sta a indicare che ivi fu nei primi tempi l’altare maggiore. Prossimo v’è un monumento sepolcrale nella cui urna sono intagliate quattro armi de’ Monaldeschi, forse del Cane, senza alcun nome, perchè vicino alla sacristia v’è un altare, ove nel basso del quadro rappresentante il transito della vergine, v’è l’arme de’ Monaldeschi del Cane. Sopra a detta urna si alzano due colonnine spirali con capitelli che sostengono il baldacchino, in cui si ripete l’arme gentilizia, e nella sommità v’è scolpito il Padre Eterno, nell’interno in affresco – Maria in seggio con Gesù, ai lati S.Gio. Battista, e S. Paolo, opera del XIII secolo. A sinistra dell’ingresso della sacristia leggesi l’epigrafe

IN NOMINE DOMINI AMEN
ANNO EJUS MCCC HIC JACET CORPus BEATI STEPHANI
CORDE DE FERRO DE CIVITATE TEMETENSI

ora venerato nell’altare maggiore. Sotto quello del sacramento si conserva, insieme ad altre reliquie, il corpo di S.Massimo martire, donato da Papa Innocenzo X, come dall’autentica ivi unita, datata con il 1°Decembre 1647. Questa chiesa venne consacrata il 29 Giugno 1739 da Mons. Giuseppe Marsciano Vescovo di Orvieto. Nel 1284 era Priore canonicamente eletto un tal Corrado, che da Martino IV fu nominato vescovo di Orte con Breve Apostolico emanato in Perugia il 19 Decembre 1284, dignità, che non accettò. Fu priore dell’insigne Collegiata Teodorico Ranieri orvietano, il quale eletto Arcivescovo di Pisa, fu da Bonifacio VIII creato Cardinale il 4 Decembre 1298 col titolo di S. Croce in Gerusalemme, quindi Vescovo di Palestina, morto il 7 Decembre 1306. Nel 1711 al 1726 vi fioriva il canonico Giovanni Nicola Barinti illustre predicatore. Similmente fu canonico della Collegiata Enrico Orfei nato in Orvieto, promosso da Gregorio XVI il 15 marzo 1858 alla dignità cardinalizia, col titolo di S. Sabina ed infine arcivescovo di Ravenna. Sopra la porta della Sacristia leggesi questa iscrizione (non più presente in quanto, probabilmente, trafugata, n.d.r.):

VETUSTISSIMUM TEMPLUM HOC JUNONIS
HEBANAE CULTUI PRIMITUS
ADDICTUM EXINDE SS. APOSTOLIS
ANDREAE ET BARTOLOMEO DICATUM
ET A BENEDICTO PP. VIII ANNO MXIII
CONSACRATUM PAULO MOX
IN CANONICORFUM COLLEGIUM ERECTUM
SECULORUM PROGRESSU PLURIES
VARIATIMQUE RESTAURATUM

Altra piccola lapide vedesi collocata sulla parete destra della navata centrale, e narra che questa chiesa subì nel 1512 non lieve restauro:

IULIO II PONTEFICE MAXIMO
ANGELI AMERINI POPULI ET
FABRICAE SUMPTIBUS AC ANGELI
FLORENTINI VICARII GENERALIS
RESTAURATUM MAGISTRO JACOBO
DE UBEVETERI MDXII

Nell’attiguo oratorio v’è il quadro di S. Famiano dipinto nel 1773 da Filippo Naldini Orvietano.
Presso questa Chiesa v’era il magnifico palazzo dei figli di Ermanno Monaldeschi fatto bruciare per ordine di Matteo Orsini Capitano del Popolo l’anno 1340. Vicino alla porta di S. Andrea, sin dai primi tempi dell’edificazione del Duomo, e nei vari secoli successivi si pagavano in ogni anno dai Comuni, Castelli ed altri Signori, i censi ed i tributi al comune di Orvieto, e per esso alle primarie Autorità Municipali e Governative deputate a riceverli nella Vigilia dell’Assunzione di Maria, ed a questo scopo dopo il suono delle campane presiedevano, e sedevano pro-tribunali in un certo banco di legno posto sopra le scale di detta Chiesa, salvo a procedere a forma dello Statuto contro coloro che venivano riputati contumaci, inobbedienti e ribelli di detta Comunità.